È online l’episodio 03 di Vianema, il primo podcast ufficiale dell’U.S. Salernitana 1919! Tra presente e passato, le storie più belle e le impressioni sulla Bersagliera settimanalmente disponibili su Spotify e sui canali ufficiali della Salernitana. L’ospite dell’episodio 03 è Luca Fusco, recordman di presenze in campionati professionistici con la casacca granata dal Dopoguerra ad oggi, attuale allenatore della formazione Primavera! "La Salernitana per me ha rappresentato un pezzo importante della mia vita. Tra settore giovanile e prima squadra ho trascorso più della metà degli anni in granata. Ho fatto il settore giovanile dal 90 al 96, poi sono andato in prestito alla Cavese e quindi sono tornato e abbiamo vinto il campionato nel 97/98, ho fatto sei anni consecutivi prima di passare al Messina, poi sono rientrato nel 2007 in cui abbiamo vinto il campionato di C e sono rimasto altri tre anni, poi sono passato al settore giovanile fino al tempo di Lotito. Dopo la famiglia per me c'è la Salernitana".
Il rapporto col Cavalluccio.
"La Salernitana è tutto. È uno spaccato di vita, gioie, dolori, sofferenze, amarezze. Sono orgoglioso e soddisfatto di quello che ho fatto e di cosa mi ha dato. Ho cercato di dare tutto quello che era nelle mie possibilità. Non sono stato tra i più forti che ha gicoato con la Salernitana ma tra quelli che ha dato tutto".
Sulla situazione attuale, stare tutti uniti è la ricetta per venirne fuori?
"Negli ultimi anni si è persa quell'unità di intenti tra tutte le componenti della città, compresi giornalisti e televisioni, anche per tutto quello che è successo. Spero che si ricompatti tutto, l'obiettivo comune deve essere raggiungere la salvezza. Io sono ottimista e sono convinto che con Breda possa tirarsi fuori da questa situazione. Il solo pensiero di non riuscire in questa impresa e andare in C mi fa star male. Oggi non ci pensiamo perchè siamo convinti che la squadra può tirarsi fuori ma sarebbe un disastro sportivo per tutti".
Per un calciatore cosa significa la retrocessione?
"Una retrocessione che mi ha segnato tanto è stata quella dalla A, immeritata a ingiusta e poi perchè nessuno si porta, dietro una retrocessione, anche quattro ragazzi morti in un treno che tornavano dalla trasferta, ragazzi di Salerno di cui conoscevo le famiglie. Ha segnato anche il mio percorso calcistico, potevo andare via ma il mio sogno era tornare subito in massima serie per riscattare la retrocessione e la morte dei ragazzi. Così non è stato perchè poi si è dovuto aspettare tanti anni. Quella retrocessione però ha segnato un po' tutti perchè era una squadra composta innanzitutto da uomini prima che da calciatori. È stata molto sofferta, il calciatore ne paga anche in termini contrattuali e di prestigio. Vieni ricordato come un perdente e questo può fare la differenza in una carriera. Si parla poi di quelli in prestito, lo sono stato anche io, dicono che non se ne importano ma non è così. Se sei un professionista e hai orgoglio e motivazioni, una retrocessione ti macchia comunque, anche nel trovare squadra l'anno successivo. A meno che non sono poco intelligenti ma non mi sembra il caso. Un ragazzo giovane che parte con una retrocessione inizia la carriera con una macchia che resta. Io sono stato fortunato, sono partito con due vittorie di campionato ma le retrocessioni ti segnano".
Nel '99 potevi andare via dopo la retrocessione in B.
"Si, avevo qualche proposta, ero giovane e venivo comunque da un campionato fatto bene. Ero anche in orbita under 21. Avevo una richiesta da una società importantissima che poi mi avrebbe girato in prestito in un'altra squadra di A ma non me la sono sentita. Sono scelte che però non rimpiango, sono contento di quello che ho fatto. Non si sa cosa sarebbe potuto succedere. Non ho rimpianti".
L'emozione di vestire la maglia azzurra, anche solo a livello di under 21?
"Te ne rendi conto solo dopo. L'esordio di mio figlio lo scorso anno in A l'ho vissuto con più tensione e paura rispetto al mio per esempio. Ha fatto però un buon esordio, è un ragazzo intelligente. Tu in campo puoi determinare ma dall'esterno è diverso. È stata un'emozione intensa e forte ma diversa dal me calciatore. Vestire la maglia della nazionale è l'aspirazione massima per un giocatore. Bellissima esperienza. Era la nazionale di Pirlo, Gattuso, De Sanctis, Coco, Zambrotta".
Quando sei allo stadio con gli amici ti lasci andare?
"Diciamo che non vorrei rivedermi. Cerco di trattenermi ma al gol mi lascio andare. Vivo le emzoioni come quando sono in panchina con i ragazzi. Avendolo vissuto, freni sull'errore del calciatore e cerco di non lasciarmi andare ma le emzoioni le vivo tutte, credo sia la base del calcio. Sono poco lucido però quando vivo la Salernitana".
Hai vissuto lo stadio Arechi pieno, sia nei momenti belli che meno belli.
"L'Arechi è l'Arechi. La cosa che mi manca di più da calciatore è l'odore dello spogliatoio dell'Arechi. Ora ci vado qualche volta con la Primavera per allenarci con la prima squadra ma quando entro in quel tunnel sento un odore particolare, quello mi manca perchè l'ho vissuto per tanti anni, lo sento solo lì. Sono quegli odori che ti evocano dei ricordi da bambino. Non l'ho mai sentito in un altro stadio. Quando sei in un campo importante come l'Arechi devi avere una personalità importante e forte nei momenti difficili. Giocare come con la Reggiana, in uno stadio così è tanta roba, l'Arechi è uno dei pochi stadi insieme a quelli top che è davvero il dodicesimo uomo, come quello di Genova per esempio. Quando le cose non vanno e ci sono mugugni devi cercare di isolarti e trascinare tu la gente dalla tua parte per trasformarli in applausi".
Pochi giorni fa hai incontrato di nuovo Breda, il rapporto tra di voi?
"È una delle persone che al mio esordio mi è stata più vicina. Era il capitano di quella squadra. Prima partita con la Fidelis Andria, stadio strapieno, finì 1-1. Non so se fu il mister Delio Rossi a dirgli di starmi vicino ma nei primi 2-3 palloni che ho toccato mi sono trovato Breda vicino che mi chiedeva la palla, togliendomi quindi la responsabilità. L'ho apprezzato, in campo poi però per me conta poco l'età. È ovvio che bisogna dare modo ai giovani di sbagliare e di dargli più tempo ma vanno inseriti senza paura. In Italia però non funziona così, in D un under ha 22-23 anni e non va bene, se sei bravo devi giocare tra i grandi. Serve più coraggio nell'inserire i giovani, sia calciatori che allenatori. Solo in Itlaia un allenatore di 50 anni è considerato giovane. Il calciatore giovane è quello di 16-17 anni, non quello di 22-23 anni".
A che punto è l'allenatore Luca Fusco?
"Sogno una sfida tra i grandi, spero di avere una possibilità. Non sono una persona presuntuosa ma penso di potermi confrontare, visto la gavetta che sto facendo. Mi sento pronto ma non so se mi sarà data la possibilità. Ho allenato Paganese e Sorrento in C, forse ero troppo inesperto. Ringrazio Grassadonia che mi ha dato l'opportunità".
La top 11 di Luca Fusco.
"Nella mia testa ci sono due formazioni, una è quella dei giocatori più forti e una di quelli che porto nel cuore, come quelli delle due promozioni che ho vissuto. Ne metto due per ruolo, i portieri sono Balli e Pinna, quelli delle mie due promozioni ma non possono non mettere nella squadra del cuore Gigi Genovese titolare e Fulvietto De Maio. Terzini destri, avrei messo Grimaudo ma non possono non inserire Sasà Russo, professionista esemplare e tifosissimo della Salernitana. Aveva un'intelligenza calcistica superiore alla media e infatti ora è in nazionale. Centrali difensivi, escluso me metto Ciro Ferrara. Avrei messo anche Marc Zorò, che ho cresciuto personalmente. Con poco è diventato uomo e calciatore importante. In coppia con Ferrara nella squadra del mio cuore metto Gianluca Grassadonia. Trattato non benissimo ma ragazzo eccezionale e umile. Ha commesso un errore grave che non gli è stato perdonato, a sua discolpa dico che altri hanno fatto peggio ma sono stati perdonati. Terzino sinistro metto Vittorio Tosto, avevo segnato anche Carlo Mammarella. A centrocampo metto senza ombra di dubbio Roberto Breda e Agostino Di Bartolomei come play. Non metto la famiglia cioè mio fratello ma Giacomino Tedesco, ho apprezzato tantissimo Pietro Strada, spiccava per talento. Poi non possono non mettere anche Ighli Vannucchi. Avrei messo anche Pecoraro, che pure ha dato tanto. Tridente offensivo: al centro metto in ordine Giovanni Pisano, Arturo Di Napoli e Marco Di Vaio. Sulle fasce Ciro De Cesare e Massimiliano De Silvestro, che mi entusiasmava tantissimo quando lo vedevo da ragazzino. Poi devo mettere Carlo Ricchetti".
Un messaggio alla Salernitana in generale.
"È condizionato dalla situazione attuale. Bisogna fare di tutto per salvare questa annata perchè poi può nascere qualcosa di importante. Auguro tantissimi anni di gioia e successi. La passione e l'amore per questi colori, al di là dei risultati, non morirà mai".
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