Una vittoria dal sapore speciale, quel successo di cui tutti avevamo bisogno. Per sfatare il tabù trasferta che si trascinava addirittura dal dicembre del 2023. Per respingere al mittente i beceri attacchi di qualche teppista con la sciarpa rosanero che ha messo a repentaglio l'incolumità dei supporter granata e che ha pensato più ad intonare cori contro Salerno che a sostenere la propria squadra del cuore. Per prenderci una rivincita sportiva nei confronti di un dirigente che ha commesso tanti errori contribuendo, nostro malgrado, a riportare in B la Salernitana. Se ripensiamo al ricco pluriennale a Sambia, all'arrivo di Lovato, ai 5 milioni spesi per Bradaric e ai vari Martegani, Ikwuemesi, Stewart, Legowski e "in difesa stiamo bene così" dopo aver smantellato lo splendido gruppo del 7% e aver detto no a Ranieri, Ruggeri, Brescianini e Soulè ci viene quasi da schierarci con Iervolino quanto a voglia di smettere con il calcio. Errori clamorosi, pagati - in tutti i sensi - a caro prezzo ancora oggi. Per fortuna De Sanctis è il passato e oggi possiamo goderci una Salernitana con limiti da colmare a gennaio, senza una proprietà presente e desiderosa di spendere ma che, almeno, ha tanto cuore.
Sembra un po' la situazione del 2010-11, quando Nicola Salerno e Roberto Breda isolarono il gruppo dalle tensioni societarie formando un corpo unico con la tifoseria. All'epoca questa simbiosi fu di vitale importanza, al punto che i calciatori decisero di rinunciare agli stipendi per provare a salvare il club dal fallimento attraverso la promozione in B sfumata sul più (di)Bello. Ecco, qualche similitudine effettivamente c' è. I granata sono reduci da una beffarda retrocessione, c'è un presidente che ha fatto un passo indietro rispetto alle promesse fatte, il diktat è spendere quanto si incassa ma c'è una squadra che suda la maglia e un pubblico che ha avuto la maturità di calarsi in questo nuovo contesto e capire quali saranno le difficoltà di una stagione che ci regalerà quest'altalena di emozioni, con il repentino passaggio da colpacci come quello del Barbera a scialbi 0-0 interni con il modesto Catanzaro. Vincere lì, però, ha un sapore speciale e consente alla Salernitana quantomeno di iniziare ad allontanarsi dalla zona pericolosa in un momento in cui il calendario non è certo un fedele alleato. In passato siamo stati piuttosto critici, oggi è doveroso fare una serie di complimenti.
A Sepe, per esempio. Non sarà un fulmine di guerra e certo non è il migliore della categoria, ma rispetto ad altri ex colleghi ha avuto almeno la voglia di riprovarci partendo dalla B senza pretese. Atteggiamento che certo non ha avuto chi baciava la maglia e poi è scappato senza nemmeno un post sui social o assumersi le responsabilità per l'ignobile retrocessione. Super Ferrari in difesa, che coppia sarebbe stata con Gyomber! Stojanovic è tra i migliori terzini della cadetteria, Njoh sta crescendo, Simy ha cuore e dà tanto alla faccia di chi lo etichettava come babà della vecchia, vincente gestione che si assicurò un calciatore reduce da 50 realizzazioni in tre anni senza una proprietà alle spalle. Ma consentiteci di toglierci il cappello a cospetto di Amatucci, quello dall'apparente aspetto mansueto che, in campo, si trasforma in un leone che morde le caviglie agli avversari e lotta senza paura abbinando qualità e quantità. Un Roberto Breda del calcio moderno, verrebbe da dire. E, in questo contesto tecnicamente mediocre, Spalletti potrebbe farci un pensierino.
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