C'era una volta il calcio romantico, quello delle bandiere e dei presidenti tifosi. Poi sono arrivati gli sceicchi, i fondi d'investimento e i magnati asiatici. Nel mezzo? Nel mezzo c'è l'Italia, con le sue storie di provincia che si alternano tra miracoli sportivi e cadute rovinose. Prendiamo due squadre: Salernitana e Como. Se fossero due film, uno sarebbe un dramma all'italiana e l'altro una favola in salsa orientale con vista lago. Due realtà calcistiche che negli ultimi anni hanno percorso strade così diverse da sembrare abitanti di universi paralleli.
IL PORTAFOGLIO ATTENTO DI SALERNO
A Salerno, l'ultimo triennio ha visto la proprietà puntare su una ricetta tanto antica quanto rischiosa nel calcio moderno: attenzione ai conti e oculatezza nelle spese. Un po' come quando al ristorante controlli il menu partendo dai prezzi e non dai piatti. Il monte ingaggi è stato messo a dieta ferrea, passando dai 63,7 milioni di euro della stagione 2022/23 ai più sobri 53 milioni del 2023/24.
Sul mercato niente colpi da copertina: qualche giovane che si sperava promettente, parametri zero e prestiti, come quando fai la spesa al supermercato guardando solo le offerte 3x2. Ma nel calcio, si sa, i coupon sconto raramente portano al successo. E infatti, nonostante la proprietà abbia comunque investito la bellezza di quasi 100 milioni di euro in tre anni - cifra che farebbe impallidire molti club di provincia - il campo ha restituito una sentenza amara: una umiliante retrocessione in Serie B nell'aprile 2024 e un presente in cadetteria che fa rimpiangere i fasti della massima serie.
I bilanci? Rosso profondo: 41,4 milioni di perdite nell'ultimo esercizio. Come dire: hai risparmiato sull'antipasto ma poi ti sei ritrovato a pagare il conto di nozze del figlio del proprietario. Il paradosso è che, pur con questa impostazione attenta, il patron ha dovuto comunque mettere mano al portafoglio per mantenere la barca a galla. Nel calcio i soldi si spendono, prima o poi. Puoi scegliere solo come.
IL SOGNO DEL COMO
E poi c'è il Como. Qui la ricetta è stata completamente diversa: i fratelli Hartono, magnati indonesiani con un patrimonio che farebbe arrossire Paperon de' Paperoni, hanno deciso di fare le cose in grande.
In cinque anni hanno versato nelle casse lariane la bellezza di 136,8 milioni di euro. Non per comprare ville sul lago, ma per costruire un progetto calcistico. Come quando vai al supermercato e invece di guardare i prezzi riempi il carrello pensando solo a cosa ti piacerebbe mangiare. Risultato? Promozione in Serie A e un patrimonio netto positivo di 3,9 milioni di euro. Ebbene sì, hanno speso un patrimonio per avere... un patrimonio!
A Como non si sono limitati a comprare giocatori: hanno riscritto il manuale del calcio di provincia all'italiana. Partnership internazionali, accordo con l'Ajax (mica pizza e fichi!), eventi VIP a bordo campo e un approccio al marketing che sembra più Silicon Valley che Serie A. Se la Salernitana è la bottega sotto casa, il Como è Amazon Prime con consegna in giornata.
Il risultato? Un'ascesa fulminante che ha riportato i lariani in Serie A dopo anni di purgatorio, con un modello di business che guarda più a Disney che al vecchio calcio italiano. Mentre a Salerno contavano gli spiccioli, a Como brillavano a bordo campo le star di Hollywood. Da una parte la parsimonia, dall'altra il glamour. Da una parte la retrocessione, dall'altra la promozione.
DUE FILOSOFIE, DUE DESTINI
Eccole qui, due facce della stessa medaglia calcistica italiana. È come guardare due capi famiglia che gestiscono il bilancio familiare: uno ti suggerisce di risparmiare sul riscaldamento e mettersi il maglione in casa, l'altro ti consiglia di installare pannelli solari e poi goderti la jacuzzi sul terrazzo.
Qui a Salerno, nonostante gli sforzi economici comunque considerevoli, i tifosi si sono ritrovati a masticare amaro, con lo stadio Arechi sempre meno popolato e l'entusiasmo passato dalle stelle... alle stalle.
Il paradosso? In termini assoluti la differenza negli investimenti non è stata abissale: 100 milioni contro 137 in un arco temporale simile e la Salernitana partiva dal vantaggio di essere già in massima serie. Ma è il come, non il quanto, che ha fatto la differenza. Come nella cucina: con gli stessi ingredienti, c'è chi prepara un capolavoro e chi un piatto insipido. È questione di visione, di progetto, di competenze e, ammettiamolo, anche di fortuna.
LEZIONI DI PALLONE E PORTAFOGLI
Cosa ci insegna questa storia di due città? Che nel calcio moderno l'equilibrio tra ambizione sportiva e sostenibilità economica è come camminare sul filo del rasoio. A Salerno si è cercato di non cadere tenendo gli occhi fissi sui conti, finendo però per non guardare abbastanza il campo e affidandosi a “uomini di mondo” anziché a gente che masticasse veramente di calcio. A Como hanno puntato in alto, investendo sì tanti soldi, ma con una strategia che guardava oltre il semplice risultato della domenica.
Non è solo questione di soldi, ma di visione. Non è solo quanto spendi, ma come li spendi. Non è solo chi compri, ma come lo valorizzi. Il Como ha capito che il calcio oggi è entertainment, è brand, è territorio. La Salernitana ha preferito una strada più tradizionale, trovandosi però a fare i conti con un calcio che di tradizionale ha ormai ben poco e così ci ha rimesso le penne e . . . gli investimenti.
Nel calcio i soldi contano, eccome se contano, ma è il progetto e la capacità imprenditoriale di chi guida le società quello che fa veramente la differenza.
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