Ci risiamo. Dopo ogni debacle, ecco il consueto balletto delle intenzioni. Mister Breda – uomo di calcio d'altri tempi, gran lavoratore, sincero nei propositi e tetragono nelle paure – promette rivoluzioni. Si parla di scossoni tattici, di una squadra finalmente spavalda e pronta a osare.
Poi, al momento della resa dei conti, la montagna partorisce il topolino.
Nonostante le promesse di cambiamento e un confronto serrato con la squadra, l'atteggiamento in campo continua a riflettere una mentalità timorosa e priva di audacia.

Il coraggio, parola di moda sulle scrivanie dirigenziali, sembra un'entità astratta quando il mister stila la distinta. Formazione bassa, mediani a doppia mandata, un attacco che si muove con la baldanza di un impiegato del catasto il lunedì mattina. E guai a parlare di trequartisti: per Breda sono la sciagura del calcio, entità impalpabili che profumano di eresia. Non sia mai che qualcuno, tra le linee, accenda la luce. Meglio il solito spartito: copertura asfissiante e speranza affidata a qualche palla lunga nella vana attesa di un miracolo. E così giocatori come Roberto Soriano, Daniele Verde e Jayden Braaf,  che pur non essendo dei fuoriclasse sono pur sempre dotati di talento e creatività, vengono relegati ai margini, mentre Franco Tongya, quando gioca, viene arretrato come mezzala, privando così la squadra di quelle poche risorse offensive capaci di fare la differenza.

Eppure, le premesse erano diverse. Il post-Carrarese aveva lasciato intendere che si sarebbe visto un altro atteggiamento. "Dobbiamo essere più propositivi" – tuonavano dai piani alti. Traduzione: speriamo che mister Breda si convinca ad abbandonare la sua prudenza sacerdotale. Ma il tecnico è fedele a sé stesso, e le conferenze stampa si riempiono di equilibrismi dialettici che sanno di foglia di fico.

Nel frattempo, la squadra affonda sempre più in classifica. Il Cesena, prossimo avversario, non è imbattibile, ma con un approccio da reduci di Caporetto il rischio è sempre lo stesso: difendersi fino a quando non si prende gol, poi lanciarsi all’assalto con la disperazione di chi ha sbagliato formazione e i tempi dell’arrembaggio.

È giunto il momento che la dirigenza prenda una posizione decisa. Non basta più auspicare un cambio di rotta; è necessario imporre una svolta coraggiosa, spingendo Breda a osare di più, a valorizzare quei giocatori in grado di accendere la luce in campo e a restituire alla squadra quella verve offensiva ormai smarrita. Non con le solite dichiarazioni concilianti, ma con una scelta chiara: la Salernitana deve smetterla di giocare con il freno a mano tirato. Il calcio non è roba per paurosi. Breda lo sa, ma fatica a convincersene.
Forse, qualcuno dovrebbe ricordarglielo con più decisione.

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 25 febbraio 2025 alle 17:00
Autore: Giovanni Santaniello
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