Una situazione paradossale, una macchia incancellabile nella storia della Salernitana. Arrivassero anche i calciatori più forti della categoria, nessuno potrà dimenticare l'onta sportiva perpetrata ai danni di una tifoseria che ha avuto una sola, grave responsabilità: stendere in largo anticipo i tappeti rossi e stappare lo spumante senza vedere prima all'opera il nuovo presidente. In fondo, per tanti, bastava mandare via gli odiati romani per ritrovare entusiasmo, per sentirsi "liberi" e "dignitosi". Il partito del "Grazie Gravina, meglio la D" che non aspettava altro che una sconfitta della Salernitana per dar sfogo a tutta la propria frustrazione e per attaccare quel trio che, oggi, manca come il pane e che certo avrebbe difeso diversamente la serie A riconquistata a suon di successi e investimenti. Oggi ci lecchiamo le ferite e siamo costretti ad accettare un ridimensionamento totale dopo aver creduto in una serie di promesse puntualmente disattese. Dal sogno zona sinistra della classifica all'anno di assestamento in serie B, da Cavani e Mertens e Ikwuemesi, Stewart e l'algoritmo, dal sogno di diventare il "presidente più amato della storia" alla triste distinzione tra stampa locale e nazionale e il no assoluto al confronto con una piazza che, ai tempi del Vestuti, avrebbe dato vita a ben altre contestazioni.
Ben venga questo salto di maturità, sia chiaro. Ma, per il bene della Salernitana, un segnale andrebbe dato. Non condividiamo la scelta di sottoscrivere gli abbonamenti, non ci è piaciuto l'applauso riservato alla squadra da parte dei tifosi in quel di Rivisondoli, non comprendiamo come si possa ancora avere fiducia in un proprietario che, presa la squadra a prezzo irrisorio rispetto al reale valore, sta mostrando una totale insofferenza al punto da sperare per davvero nell'offerta vincolante di un fondo senza fondi che ha riportato alla mente quel Cala che prospettava alberghi sottomarini e settore giovanile modalità Boca Juniors. Non siamo ancora a quei livelli, ma il quadro è sconcertante. Sottil si è dimesso ancor prima di cominciare, la tifoseria è divisa, Martusciello si sgola per calciatori che non aspettano altro che conoscere la futura destinazione, Petrachi è costretto anzitutto a cedere e non ha carta bianca, Milan prospetta prezzi di abbonamenti fuori da ogni logica dopo un salto all'indietro così mortificante, figure storiche rassegnano le proprie dimissioni e non si sa nemmeno dove si svolgerà la seconda parte del ritiro nè chi sarà l'addetto stampa almeno fino a fine mese. Nel mentre si avvicina il campionato e, per ufficializzare giocatori almeno decenti, si deve cedere addirittura il giovane Motoc per risparmiare uno stipendio tra i più bassi della rosa. Nessuna diatriba politica, nessuno striscione, nessuna critica possono giustificare una metamorfosi societaria del genere.
Chi parlava di osmosi, sinallagma e passione ritenendo che "una squadra di calcio non è un'azienda da gestire freddamente stando seduti dietro una scrivania" continua a sottovalutare l'umore di una piazza che, per l'amore dato al patron, meriterebbe risposte, rispetto e un progetto che punti senza mezzi termini al salto diretto di categoria. Invece no. Con la compiacenza di una parte di social e media, stanno provando a convincerci che ci siano stipendi insostenibili, che il paracadute non costituisca un enorme vantaggio economico e che si poteva sognare l'Europa un anno fa per poi affidarsi, in B, a un terzino proveniente dalla serie C francese o a chi era riserva nel Fiorenzuola. Davvero meritiamo tutto questo? Ci sono persone, come il sottoscritto, che seguono la Salernitana da quasi 60 anni e che oggi diserterebbero l'Arechi anche se ricevessero un biglietto in omaggio. "Solo per la maglia" è slogan ormai passato di moda: in questa Salernitana non si identifica più nessuno, si sta facendo di tutto per allontanare la gente dagli spalti e solo lasciando i gradoni vuoti si potrà lanciare un segnale e far rumore a livello nazionale. E Petrachi ricambi questa fiducia incondizionata dei supporter granata battendo i pugni sul tavolo e valutando gesti forti se dovessero continuare ad esserci ostacoli insormontabili sul proprio cammino. O vuole essere il prossimo capro espiatorio?
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