La situazione in casa Salernitana è alquanto peculiare e non parrebbe, quantomeno nel breve termine, essere destinata a mutare: i risultati, come nella fase centrale dello scorso campionato, ritornano a scarseggiare per la squadra granata ma il suo direttore sportivo Morgan De Sanctis, ora come allora, non viene mai messo in discussione dalla società. Nel campionato 2022/23, a cavallo della sosta per i mondiali del Qatar, la Bersagliera sotto la gestione Nicola ha avviato una pericolosa fase di involuzione che l'avrebbe condotta a ridosso della zona retrocessione, per poi rialzarsi sontuosamente grazie all'avvento in panchina del portoghese Paulo Sousa. In questo frangente a finire nel mirino del presidente Iervolino, e dei suoi fidi consiglieri, fu mister Davide Nicola, il quale effettivamente parve non più in grado di tenere il timone della squadra campana ed essere, pertanto, meritevole di esonero.
La posizione del ds De Sanctis non fu presa mai davvero sotto esame dal presidente Danilo Iervolino che, anzi, sia in privato che con dichiarazioni pubbliche, prendeva sempre le difese del suo direttore sportivo. Nel frangente l'inversione di tendenza dei risultati della squadra sembrò in effetti legittimare la bontà della lettura e della conseguente decisione presidenziale di riconfermare De Sanctis, il quale a fine campionato parve uscire rafforzato nel suo ruolo, per una croce gettata sulle spalle dell'allenatore sostituito finanche tardivamente. Quest'anno la crisi di prestazioni e risultati è nuovamente evidente, e finanche più preoccupante, e nel mirino della proprietà della Salernitana finisce ancora una volta l'allenatore, lo stesso principale artefice dell'ultima salvezza, messo sotto esame ed a rischio esonero in caso di risultato negativo in quel di Monza.
Anche stavolta, e con ancora più decisione, il ds non sembra proprio essere sub iudice e tantomeno a rischio di avvicendamento al timone dell'area tecnica del club di Iervolino, con quest'ultimo più che mai fermo nel blindarne la posizione di summit in summit in quel di Roma. Un'asse umana prima ancora che prettamente professionale quella in essere tuttora tra il presidente ed il direttore sportivo dei granata, con il patron napoletano che suole sempre consultare il dirigente romano per decidere se e come muoversi nei confronti dell'area tecnica. Un rapporto innegabilmente saldo e forte che affonderebbe profonde radici nella scelta decisa che l'imprenditore di Palma Campania fece a suo tempo per insediare De Sanctis a Salerno. Un idillio che sarebbe basato su un'ampia comunanza di vedute in merito a metodo e criterio di gestione di un club calcistico professionistico, ovvero sulla logica aziendalista che deve privilegiare il bilancio e la prospettiva di ritorno economico del sodalizio di via Allende, sperando di abbinare virtuosamente i risultati sportivi a quelli ottenibili dietro la scrivania.
Un modello di operatività di mercato ben chiaro e fondato sul ribadire, a dispetto di ogni possibilità di compromesso dettato da sano realismo, la forza e la coerenza di una società che detta le condizioni e non subisce pressioni e forzature varie di scuderie di procuratori d'assalto e di calciatori bizzosi quanto pretenziosi. Una politica di acquisti basata su giovani stranieri o su autentiche scommesse, precocemente selezionate con ausilio delle moderne tecnologie informatiche, sembrerebbe costituire il mantra condiviso da Iervolino e De Sanctis, quel che forse più di ogni altro fattore li terrebbe uniti nel medesimo destino. Se lo scorso anno le cose sono andate bene e De Sanctis ha meritato la sua razione finale di applausi e consensi, quest'anno la musica sembrerebbe essere ben differente, con una piazza che per larga maggioranza gli imputerebbe gli scarsi risultati della Bersagliera, figli di un calciomercato condotto al risparmio oltre che tardivo nel suo attuarsi.
Ma quanto il seminato è stato cosparso dal solo direttore sportivo e quanto, invece, sarebbe frutto di una pianificazione ampiamente condivisa e programmata da tempo dalla società e dal proprietario del club? Sicuramente la seconda strada sembrerebbe molto più verosimile, a quanto si vede e si ravvisa con la difesa a spada tratta del manager laziale ad opera di Danilo Iervolino e compagni. La fermezza con cui De Sanctis ha ripetuto di ritenere competitiva ed attrezzata una linea difensiva pluri perforata, e in costante affanno al cospetto di qualsiasi attacco rivale, griderebbe vendetta. Come non valutare rischiosa la scelta se si sono subite caterve di reti e se si annoverano tra i propri difensori un Fazio avanti con gli anni, un Bronn bocciato già in estate da Sousa e giovani incostanti e non del tutto maturi nelle difficoltà come Lovato e Pirola? Come non attrezzarsi a centrocampo e in attacco per fronteggiare penuria numerica, possibili guai fisici e le convocazioni africane di elementi cardine quali Lassana Coulibaly e Dia? Un solo centravanti affidabile nel ruolo per affrontare la serie A e per di più in bilico per vicende di mercato poteva mai bastare? Botheim, Ikwuemesi e Stewart potevano realisticamente ritenersi garanzie con un Sousa molto chiaro nell'esprimersi a riguardo?
Ma il problema principale parrebbe essere un altro e risiederebbe nella scarsa considerazione che presidente e ds hanno avuto per il mister lusitano e per le sue indicazioni e valutazioni. La filosofia gestionale del duo Iervolino-De Sanctis sarebbe improntata nel senso di ritenere prioritaria la politica societaria rispetto ad un confronto forte e costante con un allenatore esperto e meritevole per la bontà del lavoro svolto lo scorso campionato. Il tecnico a Salerno ha piena autonomia nella gestione della rosa e nelle scelte di formazione ma ciò vale per la rosa messa a sua disposizione, che deve limitarsi ad allenare e a migliorare per il bene proprio e del club. Indicazioni di nomi non è possibile farne, al più richieste di determinate caratteristiche e non altro. Il presidente ed il Ds, salvo estemporanee eccezioni, fanno la squadra ed il trainer fa il suo lavoro: allenare e selezionare i moduli tattici e l'undici da mandare in campo di volta in volta. Una scelta sia chiaro di per sé accettabile, che richiederebbe però accortezza, esperienza e competenza, qualità indispensabili per non incorrere in inciampi assai deleteri per le sorti sportive dell'amato cavalluccio marino. La decisione di puntare su tanti volti nuovi provenienti dall'estero e da campionati talvolta assai meno competitivi e soprattutto il fatto di averli tesserati a ritiro finito sta comportando un dazio da pagare, cui si spera possa rimediarsi.
Eppure il calcio d'oltremanica tanto osannato e competitivo su scala internazionale ci insegnerebbe da anni l'esistenza di una alternativa di successo per gestire l'area tecnica di facoltosi club di massima serie: l'allenatore manager che costruisce lui direttamente la squadra, scegliendo nell'ambito del budget stanziato, gli interpreti da tesserare prima ancora che da schierare. Allenatori esperti e maestri di calcio che operano sul mercato, affiancati da una proprietà vicina ed attenta, realizzano un modello che non concede alibi al tecnico e che consente al medesimo di avere calciatori graditi e presumibilmente adatti alla propria idea di calcio da declinare sul terreno di gioco. Un metodo appartenente ad una tradizione diversa dalla nostra? Sicuramente, ma Iervolino, a cui sembrerebbero indigesti i direttori sportivi di consumata esperienza calcistica, non si definisce fieramente un innovatore convinto che vuole un calcio diverso? Impossibile del tutto dire come sarebbe ora la classifica della Salernitana se ad operare sul mercato fosse stato mister Sousa, ma sicuramente tante divergenze di vedute e tanti corti circuiti comunicativi non vi sarebbero stati. Vedremo come il presidente Iervolino si regolerà per risollevare la squadra e se alla fine avrà ancora ragione, ma al momento l'interrogativo più grande è il seguente: un passo falso in Brianza costerà la panchina al tecnico di modo che sia l'unico a pagare?
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