È l'ex centrocampista Antonio Candreva l'ospite della tredicesima puntata di 'Vianema', podcast ufficiale della Salernitana. Ecco le sue dichiarazioni: "Entrare al Mary Rosy dopo l’addio al calcio giocato mi ha fatto un po’ strano, il calcio mi manca, non pensavo di smettere però dopo tutti questi mesi era giusto arrivare a una conclusione. Avrei smesso in un’altra maniera ma non è stato possibile, non ho rammarichi per questo".
Sulla retrocessione dello scorso anno: "E’ stata una brutta annata, perché non abbiamo combattuto, nessuno se l’aspettava dopo la stagione precedente, mi sono sempre preso le responsabilità, anche l’anno scorso ho continuato a farlo, dispiace per come sia finita, retrocedere così è un lutto sportivo, per i giocatori e per il presidente ma soprattutto per i tifosi. Mi hanno voluto bene dal primo giorno, ci sono rimasto male per non essere riuscito a salvare la Salernitana, è un brutto passaggio della mia carriera”.
Il suo approdo a Salerno. "C’è stata questa telefonata, le piazze calde mi hanno sempre attratto, ti danno entusiasmo e carica. In un paio di giorni ho deciso di venire. Sono stato veramente bene, ci siamo tolti grandi soddisfazioni il primo anno, poi però purtroppo il secondo è andato così".
Sulla fine della carriera. "Avrei voluto chiudere la carriera con un giro di campo, invece l’ho chiusa con tristezza. Non è stato bello vedere le facce deluse ma la vita continua e le cadute servono anche per rialzarsi. Iervolino? Grande stima e rispetto, averne di presidenti così, gli ho sempre detto che era troppo buono, ho conosciuto presidenti tosti in carriera, come sbaglia lui sbagliano calciatori e dirigenti. Salerno secondo me però deve essere contenta di essere rappresentata da un presidente che ci mette sempre la faccia anche se ultimamente non è stato molto presente ma soffre anche da casa".
Il soprannome Mast'Antonio? "Messo dal magazziniere Gerardo, persona di un cuore enorme, un punto di riferimento per noi".
Gol preferito? "Quello con l’Atalanta, è stato importante per il nostro cammino. E’ stato bello perché durante lo scambio con Piatek ho sentito tutto lo stadio urlare 'tira!', ma io l’avevo pensato già prima. E’ stata un’emozione bella, vincere all’ultimo e salvarsi con anticipo”.
Cosa rappresenta la Salernitana? "Ho visto tutte le partite in questi mesi, sono rimasto in contatto con tanta gente, sono stato davvero bene qua. Mi hanno trattato benissimo e devo solo dire grazie alla città, volevo solo salutare in altro modo, magari con un giro di campo coi miei figli, un momento di gioia un po’ per tutti. Tra i ricordi più belli le partite con la Lazio e la Roma all’Olimpico, ma anche il derby con il Napoli”.
Sul suo futuro? "Inizierò il corso da allenatore, non so se mi vedo in panchina, vediamo se sono pronto a questa nuova storia, è una possibilità. Ho avuto tanti tecnici dai quali prendere qualcosa, poi si deve mettere sempre qualcosa di proprio”.
Il rapporto con la città di Salerno? "Mi piaceva anche solo andare in giro per la città, fare la spesa e chiacchierare coi tifosi, poi una casa fronte mare che parlava per sé. Pensavo di stare qua più anni, vedevo una società e una proprietà che poteva starci di più in massima serie, ma le annate storte capitano a tutti".
La top 11. "Allenatore Paulo Sousa, modulo 4-3-2-1, in porta Ochoa. Mazzocchi, Fresi, Gyomber e Jaroszynski. A centrocampo Di Bartolomei, so che qui ha lasciato un ricordo indelebile, come uomo prima che come calciatore. Poi Gattuso e Breda. In attacco Di Vaio, Dia e Di Napoli. Tornare a Salerno? Chi lo sa, mi farebbe molto piacere, ma ad oggi posso dire solo questo”.
Sulla carriera. "Si poteva fare di più, la svolta con Reja alla Lazio, ma è stato l’ex Salernitana Tobia a lanciarmi ai tempi di Terni facendomi debuttare in prima squadra a soli 17 anni. Qualche finale persa con Inter e Lazio, ma soprattutto il mancato Mondiale nel 2018, sfumato in un San Siro pieno”.
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