La prima delle ataviche e non scritte regole del calcio ha trovato la sua ennesima inesorabile applicazione ed il tecnico Martusciello non è arrivato a mangiare a Salerno il proverbiale panettone. L'esonero numeri e (ultime) prestazioni alla mano ci sta ed arriva in esito a sconfitte reiterate e soprattutto molto simili tra loro per il modo in cui le stesse sono maturate. Il calcio del trainer di origine ischitane, pur bello a vedersi ed apprezzabile nei principi ispiratori, non si è rivelato adatto alla categoria, ad una serie B tecnicamente tutt'altro che eccelsa e basata su solidità difensiva, equilibrio tattico, corsa e fisicità. La Salernitana di Martusciello ha a tratti espresso un bel calcio ma assai raramente ha trovato quella concretezza, quel cinismo e quella cattiveria agonistica necessaria per tradurre il possesso palla in vittorie e punti in classifica, finendo anzi per venire punita da avversari quadrati e di categoria che le usavano contro proprio queste suddette armi. Si paga la presunzione e l'arroganza tattica di poter imporre il proprio gioco con un undici dotato di grande tecnica, padronanza di palleggio e attitudine a creare ed offendere, ma non altrettanto equilibrato e atto a limitare le ripartenze di avversari che troppo spesso hanno trovato praterie o clamorosi errori individuali a spianare loro la strada.
Le partite si vincono quando si adotta un possesso palla utile e funzionale a creare occasioni da rete e si hanno i calciatori con le giuste doti di finalizzazione per conseguire lo scopo del gioco del calcio: fare goal. La manovra e la circolazione di palla di Martusciello raramente è parsa in grado di liberare uomini al tiro o mettere il calciatore davanti al portiere rivale, per essere spesso troppo ricercata e prevedibile. Laddove poi le occasioni arrivavano ai granata (e al tecnico) sono venuti a mancare in rosa attaccanti dal piede caldo che impreziosissero il gioco e la presenza nella trequarti avversaria delle proprie giocate risolutive e decisive. Le partite si vincono anche quando si limitano gli avversari nel momento in cui hanno loro il possesso della sfera o si finisce per subire una transizione negativa con loro ripartenza. Qui la Salernitana ha tanto peccato e soprattutto qui ha lasciato punti e fiducia per strada. Venendo, però, alla scelta di Stefano Colantuono come successore sulla panchina granata e alle dichiarazioni e prese di posizione dei vari protagonisti della società attuale, ci spingiamo in alcune considerazioni personali.
L'ad Maurizio Milan nella conferenza stampa post Bari ha tirato in ballo anche l' operato del ds Petrachi, precisando che la squadra e il mister sono stati da lui scelti e che la società di via Allende sopporta costi rilevanti e non ha lesinato sforzi dal momento che è al quinto posto per monte ingaggi. Ebbene il quadro è perfetto e si completa: Martusciello parla di primato per possesso palla e Milan di primi posti per ingaggi pagati, peccato, però, che la Salernitana, classifica alla mano, sia negli ultimi posti per punti conquistati e al momento sarebbe invischiata nella lotta per evitare la terza serie. L' amministratore delegato così come ha evidenziato un dato numerico oggettivo relativo al monte ingaggi, avrebbe dovuto e potuto essere altrettanto chiaro riguardo al budget messo a disposizione del direttore sportivo da parte del patron Iervolino, e avrebbe fatto meglio a precisare che gli stipendi più onerosi sono legati a calciatori ereditati dalla serie A e dalla gestione precedente, non presi da Petrachi e privi di un reale mercato di pretendenti. Anzi il ds è riuscito a piazzare altrove tanti giocatori dall'ingaggio oneroso e dal rendimento non rispondente ai costi, ha dovuto accettare tanti paletti e contropartite fatte di atleti scartati dalle loro precedenti società e reduci da uno scarsissimo minutaggio recente.
Emblematica l'operazione Hrustic e Braaf, i quali a Verona non hanno visto praticamente campo o l' aver accettato un Ghiglione infortunato, o, ancora, l'aver dovuto prendere come centravanti un giovane di belle speranze ma acerbo, come Wlodarczyk, o un Torregrossa che il Pisa ha pagato pur di liberarsene. Tutto ciò per l'aver dovuto fare di necessità virtù e per il non aver potuto offrire compensi adeguati alle new entry che si sarebbero individuate sul mercato. Quando devi cedere e non hai la fila per calciatori strapagati, e malamente retrocessi, non hai potere contrattuale e devi sottostare alle altrui condizioni e, laddove, hai l'intuizione e il contatto buono devi poi incassare il veto della proprietà dettato da esigenze di bilancio per buchi e debiti fatti da altri operatori di mercato e dirigenti poco avveduti. Attaccare Petrachi dopo che questi è stato un grande aziendalista rinunciando a fare scelte diverse e in cui credeva e avallando richieste ed esigenze societarie non è stato un gesto elegante e bene ha fatto il manager leccese a esprimere il suo disappunto e giusto risentimento a mezzo conferenza stampa di presentazione di mister Colantuono. Direttore Petrachi, lei ha sue ragioni, però un professionista ed un uomo del suo carisma ed esperienza deve sapere che esiste la possibilità di dissentire e puntare i piedi, nonché di dissociarsi e fare quel fatidico passo indietro se la società, e chi la rappresenta, non le consentono di fare il suo lavoro nelle giuste condizioni di operatività.
Direttore va bene l' aziendalismo e il sano realismo ma chi china il capo, o si gira dall'altra parte, diviene complice di cattivi risultati e fallimenti sportivi e, soprattutto, non tutela una piazza già ferita che tanta fiducia ha riposto nella sua persona. A gennaio il vento deve cambiare e bene farebbe a mettere sin da ora i puntini sulle "i", ricordando a chi ha risorse economiche e responsabilità di ottemperare al suo ruolo apicale e di evitare un altro campionato negativo o, peggio, un altro disastro sportivo. Se è vero, come dice, che ha scelto lei mister Colantuono e che questi rappresenti ora la migliore scelta per la Bersagliera, allora inizi subito una stretta collaborazione volta a trasmettere forza e determinazione allo spogliatoio e a individuare dove e come intervenire per rinforzare la rosa nel prossimo mercato invernale. Stavolta direttore pretenda il giusto budget e scelga senza condizionamento o interferenze, altrimenti rischierà, in nome di uno stipendio, di fare la medesima fine di Martusciello ad opera di una società che, così come non ha esitato nel puntarle il dito contro, altrettanto farà quando ci sarà da fare cadere la testa del prossimo capro espiatorio.
Passando a mister Colantuono riteniamo si debba sottolineare come sia fuori discussione lo spessore del tecnico, la sua competenza ed esperienza, dal momento che per lui parla il curriculum. Come per il ds però anche l'allenatore romano dovrà dismettere i panni dell'ossequioso uomo di società che rispose al comando presidenziale ed accettò la panchina di una squadra alla deriva e destinata a retrocessione certa ed anticipata in cadetteria. Mister torni a fare il suo vero mestiere e ritrovi quella carica e quella personalità da leader che tanto ha trainato le sue squadre ed in particolare torni quel sergente di ferro di Bergamo, quando tanto bene fece all'Atalanta (club allora non certo ai fasti attuali). Il Colantuono dimesso e limitato da problemi familiari prima e di salute personale poi, deve lasciare il posto al gladiatore e all'uomo di carattere che non deve solo portare in panchina il suo pragmatismo, il suo rigore e la sua attenzione tattica all'equilibrio ed alla fase difensiva in primis. La nuova guida tecnica granata deve sì sistemare la squadra, ma deve anche e soprattutto avere il carattere, fiancheggiato dal ds, di pretendere rinforzi all'organico e presenza forte societaria accanto a calciatori e staff tecnico.
Questo Colantuono può fare bene in una categoria che conosce come le proprie tasche e che ha pure già vinto, non serve uno yes man, né un impiegato che protegge la propria pagnotta mensile. Fiducia dunque al nuovo mister in attesa del riscontro del terreno di gioco, ma per quale campionato? L'ex guida tecnica dell'Atalanta e del Torino ha fatto riferimento all'attitudine della serie B a decidersi nel girone di ritorno come per lasciare intendere che tutto è possibile e che stavolta può incidere sull'esito stagionale. Probabilmente Colantuono e Petrachi pensano ancora ai play-off (il riferimento al nono posto non è casuale) ma non lo sbandierano pubblicamente perché, giustamente, il momento del cavalluccio marino richiede ora semplicità, sobrietà e un volare basso, partita dopo partita. Finalino per il buon Roberto Busso, neo presidente granata espresso da Iervolino: caro presidente, lei che viene dal mondo dell'immobiliare e da altre esperienze dirigenziali di vertice in ambiti non calcistici, ci permetta umilmente di dirle che ha peccato un po' di inesperienza in conferenza stampa post Bari, quando spesso cercava lo sguardo dell'ad Milan come per avere una sorta di conferma su quanto affermava.
Caro Busso, visto il prestigioso e delicato ruolo che ricopre a Salerno, sarebbe il caso di studiare un po' meglio la storia della Salernitana e magari imparare chi era Don Peppino Soglia e che cosa questi è stato per la Bersagliera. Quando la casacca granata è retrocessa lo ha fatto sempre dopo aver vinto un campionato e lottando con tanta dignità e il coltello tra i denti, tranne proprio l'anno scorso quando a presiedere la società campana c'era il suo amico e proprietario Iervolino. Sottolineare in questi momenti difficili e di tristezza del tifo granata che la Salernitana è retrocessa altre volte non ci è piaciuto e ci sono tornati alla mente altre infelici battute recenti di Lotito. A proposito di Lotito circolano voci cui non crediamo e che respingiamo, perché i responsabili ora sono altri, ovvero Iervolino e i suoi dirigenti, non chi non c'è più all'ombra dell'Arechi, e sono costoro che devono reagire e mutare registro, altrimenti pensino davvero a cedere la Salernitana in mani migliori delle loro.
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