"Ma che vai a fare a Sarnano? E' un'altra farsa, i romani se ne devono andare". Iniziò così il ritiro nell'estate del 2020, quando Fabrizio Castori fu accolto con enorme scetticismo e contestato dai soliti pagliacci del web per aver indossato un laccetto del Trapani nel giorno del raduno al Volpe. Nelle Marche eravamo in 4, il sottoscritto chiede di parlargli non per avere notizie giornalistiche, ma in veste di tifoso che voleva semplicemente capire che rassicurazioni avesse avuto e come stesse vivendo il clima infuocato di Salerno.
"Non me ne frega n'cazzo (scusateci il termine), io sono venuto per andare in serie A", frase che sembrava follia quando allenavi ragazzini della Primavera e 3-4 titolari. Da lì, però, raccontavamo di un ritiro preparato in modo perfetto e di una Salernitana che avrebbe chiuso il mercato con un'ottima rosa anche e soprattutto grazie alle indicazioni di uno staff tecnico qualificato come pochi in quella categoria. Ovviamente minacce, insulti e i soliti tormentoni sui romani da parte di chi non aspettava altro che un flop per sfogare la propria frustrazione sul web.
Quella grande società e il suo direttore sportivo formarono una rosa perfetta per le esigenze dell'allenatore. Quello che cerca soprattutto atleti che corrono, sudano e danno il cuore piuttosto che il nome che viene a svernare. E il mercato andò proprio in quella direzione: uomini, gente che sudava la maglia, alcuni anche molto forti per la B. Altro che l'idiozia dei "piani saltati, in A non ci volevano andare": stava nascendo una super Salernitana.
Ed è vero: per il clima che c'era tra agosto e settembre sarebbe stato un rischio enorme iniziare a porte aperte. Ve la immaginate la tribuna dopo un cross sbagliato da Casasola, uno che fece un campionato mostruoso dalla prima all'ultima partita? Del resto si pensava davvero che la multiproprietà fosse un problema, al punto che le solite pagine facebook anonime iniziarono a riproporre le teorie dei rigori sbagliati appositamente.
Nel mezzo i clown che uscivano dal circo raccontandoci di atti notarili già sottoscritti e di un accordo con Della Valle, con l'avallo di professionisti poco salernitani e più...romani che esortavano la piazza a non "festeggiare se andremo in A, è una società che ci ha tolto dignità e non è questa la nostra Salernitana". I primi poi a festeggiare la serie A il 10 maggio e a sbandierare fuori la stazione prima di Bologna. Maledetta memoria corta.
Perchè quella era la squadra di Jaro che morde il pallone, di Di Tacchio che salva la vita a un compagno, del 2-1 sul Venezia in 100 secondi, del rigore di Pordenone, dei 70 minuti a "cavc e muorz" prima che entrassero i "calciatori di squilibrio" per distruggere sportivamente l'avversario. Perchè, in fondo, un giorno, i fan di De Zerbi o l'Adani di turno ci dovranno spiegare che vuol dire "bel gioco".
Una difesa che non prende gol per 7 partite di fila, una squadra che recupera palla, verticalizza a memoria e si trova un secondo dall'altra parte del campo per fare gol non rientra nel concetto di spettacolo? E che goduria sportiva quel "ride bene chi ride ultimo" dopo la sconfitta di Lecce, sconfitta che sembrava preludio ad un finale anonimo ma che invece sortì l'effetto di caricare ancora di più Castori, il vice Bocchini e quella squadra di talento e...attributi.
Quell'anno organizzato alla perfezione, in cui la società investì milioni con introiti zero e in piena contestazione gestendo al meglio la vicenda covid, non poteva finire in quel modo. Finanche l'1-3 col Monza fu provvida sventura, visto che i brianzoli dovettero poi battere il Lecce spianandoci involontariamente la strada per la gloria e per il sorpasso definitivo. Perchè i nostri calciatori non andavano al casinò nè avevano bisogno di rigori e aiutini per vincere le partite, nè del tiki taka che spesso è la morte del calcio. Quello era un gruppo di gente vera, che oggi manca tremendamente all'interno dello spogliatoio. E non fu un caso se, a giugno prima e novembre poi, invocavamo il ritorno di Castori. Il profilo che serviva come il pane.
Dire che "siamo andati in A senza tifo" è vero a metà. Perchè, da metà stagione in poi, le persone intelligenti capirono si potesse vincere e trascinarono la squadra, per quel che potevano. Striscioni, bandiere sui balconi, in 300 all'esterno dello stadio. "Perchè la spinta di Salerno può incidere anche a porte chiuse" come dissero alcuni dei protagonisti. Il capolavoro fu comunque suo.
"Seguiamolo e andremo in A" disse Belec dopo la sconfitta con la Spal di Marino. Abbiamo vissuto tutti uno dei campionati più belli della storia. Nell'estate successiva sbagliammo solo il lato verso cui schierarci, con qualcuno in Federazione che pose fine all'era Lotito ritenendo che fondi senza fondi fossero più attendibili di imprenditori facoltosi. Ad ogni modo sabato sarà avversario, ma alzarsi ad applaudire sarebbe il minimo. Salerno sarà sempre casa per Fabrizio Castori. L'uomo che è entrato nella storia per aver riportato la Salernitana in serie A!
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