Diego, 42 anni di Ponticelli, racconta al Corriere della Sera l'aggressione a suo figlio Emanuele di 15 anni, che gioca nelle giovanili della Salernitana, ricoverato dalla sera di sabato, quando davanti a un cinema in un centro commerciale di Casoria, in provincia di Napoli, è stato accoltellato all’addome: "Dobbiamo far andare via i nostri ragazzi da Napoli, perché è una città stupenda ma troppo pericolosa, piena di pazzi criminali. Una città in cui, se un ragazzo esce per mangiare un gelato, rischia di non tornare più".

Cosa è accaduto? Perché suo figlio è stato ferito?
"È stata un’aggressione senza motivo. Mio figlio era fuori con la cugina e altri due amici. C’era un gruppetto che stava infastidendo molte persone. Un ragazzo alto, con un casco, ha iniziato a litigare con uno degli amici di Emanuele. È stata una questione di secondi. Il ragazzo è andato poi addosso a mio figlio e, senza che lui se ne rendesse conto, gli ha dato una coltellata e poi è scappato. Solo dopo aver fatto qualche metro, mio figlio si è accorto che perdeva sangue e si è accasciato a terra".

Erano giovani?
"Una baby gang, perché comunque parliamo di ragazzini di 12 o 13 anni. Ma un ragazzo che scende con un coltello in tasca e mira al cuore, non a una gamba, non a un braccio, ma al cuore, sembra già intenzionato a uccidere, giusto per il gusto di dire che l’ha fatto, non crede? Mentre mio figlio era a terra lo hanno soccorso alcune persone che erano lì e lo hanno portato in ospedale".

Come sta adesso?
"Le 48 ore non sono ancora trascorse (sono passate nella notte, ndr). Poi si deciderà se intervenire. La pugnalata gli ha tagliato in due il fegato e gli ha sfiorato l’aorta e il cuore. Il chirurgo che è venuto in stanza ha ricordato a mio figlio che è stato un miracolato".

Mi parli di suo figlio.
"Un ragazzo solare, bravissimo, buono come la mollica del pane. Gioca come terzino destro nelle giovanili della Salernitana dopo aver fatto parte della cantera del Napoli e per questo si è trasferito a Salerno, dove studia e si allena. Frequenta il liceo scientifico. Quando poi non viene convocato per la partita, torna a Napoli e viene nel bar di famiglia a lavorare".

Si trovava a Napoli perché non era stato convocato?
"Sì. Venerdì sono andato a prenderlo e sabato gli avevo detto pure di non uscire perché avrebbe lavorato il giorno dopo al bar. Gli avevo proposto di stare insieme e guardare un film. Lui mi ha risposto che avrebbe visto gli amici e che sarebbe tornato presto. Poi, a mezzanotte, è arrivata una telefonata che mi ha stroncato, la telefonata più brutta della mia vita. Temevo che l’avessero ammazzato".

Sezione: News / Data: Mar 22 ottobre 2024 alle 11:00
Autore: Lorenzo Portanova
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