Ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, abbiamo avuto la riprova della memoria corta di parte dell'ambiente e della pericolosità dei social, popolati da persone che raccontano a piacimento la storia della Salernitana anche a costo di stravolgerla o di attaccare gli ultras. Quelli delle scenografie, del sostegno in casa e fuori, della spinta che fa la differenza, che ci mettono la faccia nel bene o nel male a prescindere da tutto. 

E invece, oggi, gli scienziati del web dimenticano improvvisamente che la Salernitana è stata esclusa da tutti i campionati professionistici nell'estate del 2005 e poi dichiarata fallita nel gennaio 2006, con il cavalluccio in un'aula di tribunale per 5 anni e dichiarazioni tipo "state seguendo una squadra che non è la vera Salernitana" ripetute anche a ridosso delle celebrazioni del centenario.

Non vogliamo nemmeno commentare il pensiero di chi, ancora una volta, strumentalizza la vicenda riproponendo il tormentone di Lotito e di una Lazio che invece fu salvata. Omettendo però un piccolo particolare: la Salernitana era piena di debiti, già nel 2001 rischiò grosso (benedetta fu la cessione di Di Michele all'Udinese) e, con i conti in regola, nessun complotto avrebbe potuto sancire la fine di quell'avventura fatta di momenti d'oro, almeno nel primo lustro, ma anche di due retrocessioni e un rapporto burrascoso con la stragrande maggioranza della piazza.

Cosa si aspettava, Aliberti? I tappeti rossi in un momento in cui c'è già aria di contestazione e il livello di tensione ambientale è altissimo? Era necessario annunciarlo a reti unificate per tutta la settimana, sapendo quale sarebbe stata la civile reazione dei gruppi più rappresentativi della Sud? Siamo certi che, con meno proclami e in un momento meno infelice per i colori granata, tutto sarebbe passato quasi inosservato. 

Sia chiaro: Aliberti, da libero cittadino, può tornare allo stadio come e quando vuole, sicuramente c'è più di qualcosa che non quadra dietro quella retrocessione dalla A e per quel fallimento che nessuno ha digerito, è un profondo conoscitore di calcio e ci ha regalato momenti meravigliosi che ricordiamo con un mix di nostalgia ed emozione. Fino a metà del 2002. Poi un calo progressivo, un galleggiamento stazionario in B, un ripescaggio e, appunto, l'epilogo sportivamente parlando drammatico.

Prendiamo le distanze anche da chi, sul web, va oltre e la mette sulle offese personali che vanno sempre condannate e denunciate. Ma scandalizzarsi per uno striscione rivolto a chi, comunque, lega il suo nome - giusto o sbagliato che sia - a quel crack che ha fatto male a decine di migliaia di persone è del tutto incomprensibile. Del resto scrivono le stesse persone che hanno alimentato odio per quella che è stata la miglior società di sempre inventando favolette a ripetizione e pensando davvero che la multiproprietà impedisse di andare in A...

Sezione: Primo Piano / Data: Dom 15 dicembre 2024 alle 14:00
Autore: Gaetano Ferraiuolo
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