L'analisi di un cronista sportivo con esperienza da mental coach sulla delicata situazione dei granata.
La situazione della Salernitana è quanto mai critica. Penultima in classifica con soli 26 punti dopo 28 giornate, la squadra granata si trova ad affrontare lo spettro di una retrocessione che avrebbe il sapore di una disfatta storica. Con un gap di 18-19 punti da colmare nelle restanti partite per raggiungere quota salvezza, il compito appare titanico, ma non impossibile.
Il mercato è chiuso, non si possono più acquistare rinforzi. Cambiare modulo o rivoluzionare l'assetto tattico a questo punto della stagione sarebbe un azzardo che potrebbe generare ulteriore confusione in un gruppo già disorientato. Cosa resta, dunque? Resta la mente, quello strumento potentissimo e troppo spesso sottovalutato nel calcio italiano.
Il blocco mentale: la vera crisi della Salernitana
Osservando le ultime prestazioni dei granata, è evidente come il problema principale non sia tanto tecnico quanto psicologico. I giocatori appaiono bloccati, timorosi, incapaci di esprimere il proprio potenziale. Ogni errore viene amplificato nella loro mente, ogni occasione mancata diventa un macigno, ogni sconfitta alimenta un circolo vizioso di sfiducia che si autoalimenta.
Nel calcio, la testa conta quanto le gambe. Quando un gruppo perde fiducia, scivola in una spirale negativa: ogni errore pesa il doppio, il pallone scotta, le gambe tremano nei momenti decisivi. Quando una squadra entra in questa spirale negativa, anche i gesti più semplici diventano complessi. Si perde lucidità nelle scelte, la creatività viene soffocata dalla paura, e persino i fondamentali ne risentono. È come se un freno a mano invisibile venisse tirato ad ogni azione.
Il rischio è che la Salernitana si stia rassegnando alla retrocessione prima ancora che diventi realtà.
In questo scenario, l'introduzione di un mental coach potrebbe rappresentare una svolta decisiva. Non un semplice motivatore che urla slogan preconfezionati, ma un professionista capace di lavorare sia sul gruppo che sui singoli, attraverso un approccio scientifico e personalizzato.
Con le sessioni di team building, ad esempio, si potrebbe:
Ricostruire la fiducia reciproca: Attraverso esercizi specifici, i giocatori potrebbero riscoprire la forza del gruppo, superando individualismi ed eventuali frizioni interne.
Fissare obiettivi intermedi: Il traguardo dei 44-45 punti appare lontano, ma può essere scomposto in micro-obiettivi più gestibili psicologicamente. Non "dobbiamo salvarci", ma "dobbiamo vincere la prossima partita".
Sviluppare resilienza collettiva: La capacità di reagire alle avversità non è innata, ma può essere allenata come un muscolo, insegnando alla squadra a trasformare gli ostacoli in opportunità.
Parallelamente, i colloqui individuali permetterebbero di:
Identificare i blocchi personali: Ogni giocatore vive la crisi a modo suo. Alcuni potrebbero sentire eccessivamente la pressione dei tifosi, altri potrebbero aver perso fiducia nelle proprie capacità.
Tecniche di gestione dell'ansia: un mental coach può insegnare tecniche utili per affrontare i momenti di tensione durante le partite.
Ritrovare la "flow zone": Quello stato di grazia in cui l'atleta agisce d'istinto, senza pensieri limitanti, esprimendo al massimo il proprio talento.
I precedenti: quando la psicologia ha salvato lo spogliatoio
La storia del calcio è piena di esempi di squadre che hanno compiuto imprese straordinarie grazie a un lavoro psicologico mirato. Dal Leicester di Ranieri che vinse la Premier League contro ogni pronostico, passando per l'Atalanta di Gasperini, capace di trasformarsi da squadra di provincia a realtà europea anche grazie a un lavoro mentale strutturato.
Nel caso specifico della Salernitana, basterebbe ricordare le parole di Davide Nicola, artefice della miracolosa salvezza di due stagioni fa: "La differenza l'ha fatta la testa, non la tattica".
La tifoseria: da pressione a energia positiva
Un aspetto cruciale del lavoro del mental coach sarebbe anche quello di aiutare i giocatori a trasformare la pressione della tifoseria in energia positiva. I tifosi granata, noti per la loro passione, possono rappresentare una straordinaria fonte di motivazione se questa viene incanalata correttamente dai giocatori.
Forse è già tardi, ma resta l'ultima carta da giocare
La situazione della Salernitana è oggettivamente difficile, ma non disperata. Il lavoro mentale potrebbe essere quella scintilla capace di innescare una reazione a catena positiva. Un risultato favorevole genererebbe fiducia, la fiducia porterebbe a prestazioni migliori, le prestazioni migliori a ulteriori risultati, in un circolo virtuoso capace di compiere l'impresa.
La mente, d'altronde, è il campo da gioco più importante. E su quel campo, anche le partite apparentemente perse possono essere ribaltate.
La battaglia non è ancora persa, ma la squadra deve cambiare mentalità. Solo così potrà trasformare la paura in coraggio, la sfiducia in determinazione e la rassegnazione in lotta. Perché se la Serie C è un incubo, la vera sconfitta sarebbe scendere senza averci nemmeno provato.
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