C'è un silenzio assordante che avvolge i luoghi abitualmente frequentati a Salerno dai tifosi granata. Un silenzio che racconta meglio di mille parole il dramma sportivo della Salernitana, precipitata in un abisso che sembra non avere fine. La sconfitta di ieri non è stata solo l'ennesimo capitolo di una stagione maledetta, ma la fotografia impietosa di un club che ha smarrito la propria identità, trasformandosi in un'ombra sbiadita della squadra che solo due stagioni fa faceva sognare un'intera città.
LA CADUTA DEGLI DEI
La parabola discendente della Salernitana ha qualcosa di incredibile: dopo l'ebbrezza della Serie A, invece di ricostruire con umiltà e pragmatismo, la società ha scelto la via dell'illusione, quella di poter navigare nel mare tempestoso della Serie B senza una rotta precisa, aggrappandosi ai ricordi di un passato glorioso ma che ormai appare lontanissimo.
Il paracadute economico garantito dalla retrocessione dalla massima serie è diventato paradossalmente un fardello: soldi che, anziché essere investiti per costruire fondamenta solide, sono stati accantonati, mentre la squadra veniva assemblata con la logica del risparmio.
UN MERCATO DA INCUBO
Il castello di carte ha iniziato a crollare fin dal mercato estivo. Una campagna acquisti dettata dai diktat e dai divieti imposti dall’alto, e di conseguenza un puzzle di pezzi incompleti che non potevano incastrarsi: veterani sul viale del tramonto mescolati a giovani acerbi, senza quella spina dorsale di categoria che è l'ossatura di ogni squadra di Serie B che si rispetti. Quando costruisci una casa partendo dal tetto anziché dalle fondamenta, il crollo è solo questione di tempo.
LA GIOSTRA DEGLI ALLENATORI
In questo scenario apocalittico, la società ha pensato bene di aggravare la situazione con una gestione tecnica da manuale degli errori. La sostituzione di Martusciello con Colantuono è apparsa subito come un tentativo disperato di trovare una faccia conosciuta a cui aggrapparsi nel momento della tempesta. Ma nel calcio, i miracoli sono rari e i problemi strutturali non si risolvono cambiando il capitano di una nave che fa acqua da tutte le parti.
L'arrivo di Roberto Breda ha rappresentato l'ulteriore tassello di una strategia dell'emergenza permanente. Un tecnico onesto, certo, e molto amato a Salerno ma catapultato in una situazione che avrebbe messo in difficoltà anche i più blasonati colleghi. Le sue scelte tattiche, spesso incoerenti e la continua rotazione degli uomini, hanno finito per disorientare ulteriormente un gruppo già privo di certezze. Ma i suoi errori più gravi sono state le sue scelte di mercato condivise con Valentini che hanno dato il colpo di grazia a una squadra già moribonda.
IL VUOTO DI LEADERSHIP
Il campo non mente mai, e quello della Salernitana ha raccontato la storia di una squadra senza guide, senza leader capaci di prendere per mano i compagni nei momenti di difficoltà. Quando il mare è in tempesta, servono marinai esperti capaci di resistere alle onde più alte. Ma nella Salernitana di quest'anno, al primo soffio di vento contrario, la barca ha iniziato ad imbarcare acqua.
Gli errori individuali, le fragilità mentali, l'incapacità di reagire alle avversità: tutti sintomi di un gruppo che non è mai diventato squadra, di individualità che non hanno mai trovato il collante tecnico e caratteriale per diventare un collettivo.
LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL
Eppure, nonostante tutto, la Serie C non è ancora matematica. In questo momento, più che aggrapparsi ai calcoli della classifica, serve un sussulto d'orgoglio. La storia del calcio è piena di imprese impossibili, di squadre che quando sembravano spacciate hanno trovato le risorse per risorgere.
Ma per farlo, servono scelte drastiche e immediate. La prima: un cambio immediato in panchina. Breda ha dato tutto, ma non è riuscito a scuotere l'ambiente. Serve una figura carismatica, un tecnico che conosca la Serie B e sappia lavorare sulla testa dei giocatori prima ancora che sulla tattica.
In dirigenza, il ritorno di un DS esperto come Petrachi potrebbe rappresentare quella svolta che finora è mancata: un uomo di calcio vero, non uno yes-man, capace di battere i pugni sul tavolo e prendere decisioni anche scomode ma necessarie per il bene della Salernitana.
UN PATTO CON I TIFOSI
In questo momento buio, l'unica luce resta quella dei tifosi granata. Una passione che va oltre i risultati, un amore incondizionato che merita ben altro spettacolo. Loro ci sono sempre stati e continueranno ad esserci. Ma ora tocca alla società ricambiare questa fedeltà con scelte all'altezza della storia di questo club.
Il naufragio è quasi completato, ma non è ancora il momento di abbandonare la nave. È il momento di remare più forte, tutti insieme, verso quella riva che sembra lontanissima ma che, con coraggio e determinazione, può ancora essere raggiunta. Perché la Salernitana non è solo una squadra di calcio: è un patrimonio della città, un pezzo di identità collettiva che non può e non deve morire così.
La retrocessione in Serie C sarebbe una ferita profonda, ma non fatale. L'importante è che da questa dolorosa lezione si tragga insegnamento per costruire un futuro diverso. Un futuro in cui la dignità, la competenza e la passione tornino ad essere le stelle polari di un club che merita molto di più di quello che sta vivendo oggi.
L'incubo può ancora trasformarsi in un nuovo inizio. Ma il tempo stringe, e le scuse sono finite. È il momento della verità per tutti: società, allenatore, giocatori. E per una città intera che, nonostante tutto, non ha mai smesso di credere nei colori granata.
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