Un'annata disastrosa sul campo e fuori dal rettangolo verde non poteva non imporre un drastico cambio di rotta per chi si trovasse a detenere le redini della Salernitana 2024/25, team chiamato a ripartire da zero e a riabilitarsi. Sì, primo comandamento riabilitare la propria immagine e credibilità sportiva, magari iniziando a farlo con il riconquistare una sana normalità, poi, fatto ciò, programmare e costruire un progetto sportivo pluriennale. Ebbene inversione di rotta vi fu, chiara sin dall'inizio con i proclami di Petrachi sulla totale rivoluzione della rosa, e attuata poi nei metodi di gestione e nei comportamenti e nelle risposte degli atleti, con il risultato di creare un gruppo vero, coeso e proteso verso il medesimo obiettivo: risollevare la Salernitana. Gruppo non solo inteso come calciatori, bensì come giocatori-tecnici, collaboratori e dirigenti, dal team manager al presidente. Ebbene il primo punto potrebbe (lasciamo un condizionale cautelativo) dirsi raggiunto, una conquista sudata ed ottenuta così come documentato dalle prime uscite ufficiali, le quali, con alterne fortune negli esiti finali degli incontri, avrebbero confermato questo assunto. Martusciello e i suoi collaboratori tecnici, poi, con il pieno assenso di un ds con il quale ci sarebbe piena sintonia, hanno lavorato e stanno lavorando per dare una chiara identità tattica alla squadra, disegnando un organico dotato di alto tasso tecnico e votato a fare gioco e a creare opportunità offensive importanti. Il tutto avrebbe il fine ultimo di edificare una mentalità propositiva e basata su conoscenze e certezze di gioco in casa come in trasferta. Di qui la sovrabbondanza di arrivi tra gli esterni offensivi e/o trequartisti come Tello, Verde, Soriano, Reine Adelaide, Tongya e Dalmonte e di qui le altrettanto eloquenti rinunce (un po' affrettate almeno nella tempistica) a Mamadou Coulibaly e Legowski, sicuri ed imminenti partenti per via di caratteristiche che non andrebbero, secondo il trainer granata, in questa direzione.
Tutto bello e anche in linea teorica condivisibile, ma ciò dovrebbe presupporre, e si spera così sia alla fine dei salmi, un secondo assunto: ogni edificio che si rispetti va edificato dalle sue fondamenta e nel calcio le fondazioni e la platea sono rappresentate dall'organizzazione e dalla solidità difensiva, pilastri pressoché sconosciuti da due e più anni a questa parte in zona stadio Arechi. Dai tempi della linea Maginot di Castori (blocco basso di mediani e difendenti) la Salernitana non ha più conosciuto una difesa affidabile e degna di questo nome, al di là dei limiti dei singoli (in molti casi palesi) e proprio a livello di reparto nel suo complesso. Lo si sa, bisogna parlare non tanto di difesa ma di fase difensiva, quel blocco basso solido fatto di mediani di interdizione, filtro e copertura e difensori accorti nelle proprie zone di competenza che entra in azione nella fase di non possesso. Esisterebbe, in verità, anche un altro modo di difendere e reagire ad una transizione negativa, più moderno e alternativo al ripiegare compattandosi: la ricerca della riconquista rapida della sfera, salendo e aggredendo gli avversari, laddove ne sussistano le condizioni.
L' uno e l'altro modo potrebbero coesistere e alternarsi in base alle situazioni di gioco, oppure può esservi una scelta di campo più decisa per l' uno o per l' altra metodologia difensiva. Ambedue, però, soggiacciono ad un presupposto ineludibile, ovvero la sussistenza di un equilibrio di squadra quando si attacca e quando ci si difende, generato, tuttavia, da meccanismi che necessitano di essere ben rodati e costruiti con il tempo. L'organizzazione e gli automatismi giusti, si sa, possono arrivare a mascherare limiti individuali e aiutare una squadra a esaltare i propri punti di forza grazie al collettivo. Ebbene la Salernitana non può ora come ora possedere questi meccanismi e non si può pretendere da Martusciello che questi sia già riuscito a dare un equilibrio soddisfacente in campo alla sua creatura. Troppo complesso, se non impossibile, arrivare a ciò con una squadra che era e resta un cantiere aperto e con un via vai di calciatori, di cui diversi giocano ma sono condizionati dall'avere la valigia in mano e di cui altri vengono da categorie inferiori o da più o meno lunghi periodi di inattività. Martusciello lo ha con signorilità sottolineato quando ne ha avuto modo e di ciò era ben consapevole quando ha accettato Salerno. Il tecnico (e il direttore sportivo) sembrerebbero, però, partiti all'inverso, ossia non dalla ricostruzione e dal consolidamento della difesa, bensì dal centrocampo e dall'attacco, cercando, così, di innestare nel motore della Bersagliera qualità e inventiva appunto dalla cintola in sù.
Ben venga ciò, ma dovunque, e la B non fa certo eccezione, non si va da nessuna parte senza una struttura difensiva che consenta di prendere una rete in meno rispetto ai propri avversari di giornata. Un'impalcatura difensiva che deve sì fondarsi su un' organizzazione precisa e sulla scelta di un modo di difendere, ma anche ovviamente su difendenti che abbiano esperienza e doti individuali tali da essere affidabili e di maggior garanzia rispetto agli attuali interpreti in maglia granata. Per passare a fare dei nomi sia Velthuis che Njoh non sembrerebbero pronti, come anche naturale che sia, per essere titolari nella serie cadetta italiana, Daniluc, che è un centrale ed è adattato per emergenza a destra, deve uscire dagli equivoci tattici e di calciomercato (resta o va via?), Bronn, uno dei meno peggio, non convince appieno per via della tendenza ad incorrere in amnesie nei momenti importanti, Gli altri sono giovani, magari bravi, ma non certo caricabili di responsabilità ad oggi più grandi di loro. Per tutto ciò, fatto salvo il solo Ghiglione potenziale titolare a destra, la linea difensiva va rifondata quasi del tutto e va ad essa conferita stabilità e complementarietà, in modo di permettere a mister Martusciello di lavorarci con la necessaria costanza ed applicazione. Occorrono, pertanto, almeno un terzino sinistro titolare (Bradaric andrebbe bene ma praticamente è un ospite in attesa di ritornare a casa), un paio di centrali difensivi di categoria dalla comprovata affidabilità. Solo così la Salernitana potrà mettersi il piacevole lusso di fare crescere i vari Velthuis, Njoh, Ferrari, Guccione, Gentile e Ruggeri, perché lungi da noi il bocciarli adesso.
Così come Gentile potrebbe farsi calciatore all'ombra di Ghiglione, lo stesso lo si consenta ai suddetti compagni di reparto arretrato, per far si che migliorino e non si brucino venendo, anzi tempo, buttati allo sbaraglio. Petrachi è dirigente troppo bravo ed esperto per non saperlo benissimo e non si può credere che non stia lavorando in tale direzione, ma, in attesa di provvide ufficializzazioni, la realtà al momento è questa, e sarebbe disonesto intellettualmente non denunciarla con il giusto vigore. Questa in corso dovrà essere la settimana di Gianluca Petrachi, per sistemare la rosa con le ultime partenze, ma soprattutto con i tanti arrivi di livello inevitabili. Non solo dietro, perché alla Bersagliera servirà un centrocampista importante se come sembra dovesse partire Maggiore e occorreranno anche due centravanti di peso (Simy e Valencia non sono da riconfermare per rendimento e ingaggio!) con goal nelle gambe e, riguardo questa che è un'altra e non meno importante storia, non si pensi di risolvere tutto con il Wlodarczyk di turno senza prendere anche il Joao Pedro di turno. Possono cambiare i nomi ma non la necessità di prendere un bomber vero, forte e già pronto al calcio italiano per poi affiancarvi un giovane di talento e prospettiva come il polacco, che non certo è un nuovo Stewart o un novello Ikwuemesi, ma nemmeno il salvatore della patria pronto uso! È la settimana di Petrachi, a lui il compito di non deludere la piazza e di portare a casa chi serve come il pane alla Bersagliera, anche, perché no, battendo i proverbiali pugni sul tavolo!
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