La Serie B è notoriamente un campionato dove tattica e resilienza mentale sono spesso più determinanti dei singoli talenti. In questa stagione, due squadre stanno compiendo un piccolo grande miracolo sportivo grazie all'arrivo di due tecnici che hanno saputo reinventare formazioni apparentemente già destinate alla retrocessione: Fabrizio Castori al SudTirol e Paolo Bianco al Frosinone. Due uomini, due filosofie tattiche diverse, ma un unico risultato: la risalita dalla zona rossa della classifica.

Castori e il SudTirol: la rivoluzione verticale

Quando Fabrizio Castori ha preso le redini del SudTirol, la situazione era drammatica. La squadra altoatesina languiva nei bassifondi della classifica, con un attacco spuntato e una difesa colabrodo. Per chi conosce Castori - maestro di imprese miracolose come quella con la Salernitana promossa in Serie A - non sorprende che la sua prima mossa sia stata quella di scardinare completamente l'assetto tattico precedente.

"A me piace la verticalizzazione, non partire dal basso, la porta di riferimento è quella di fronte", ha dichiarato senza mezzi termini nelle sue prime conferenze stampa. Una filosofia che respinge categoricamente il possesso palla orizzontale, considerato sterile e controproducente per una squadra in difficoltà.

Il passaggio al modulo con difesa a tre è stato il fulcro della metamorfosi tattica. Questa configurazione ha consentito al SudTirol di guadagnare densità a centrocampo, elemento cruciale per mettere in pratica un altro dei comandamenti del credo castorano: l'aggressività nel recupero della sfera e la rapida transizione offensiva.

La squadra è stata trasformata in una macchina progettata per il contropiede letale, dove ogni recupero palla rappresenta un'opportunità per attaccare direttamente gli spazi, costringendo gli avversari a riorganizzarsi in fretta e spesso male. I due attaccanti, liberati da eccessivi compiti di copertura, possono così concentrarsi su ciò che sanno fare meglio: finalizzare.

Particolarmente illuminante è l'approccio di Castori alla costruzione del gruppo. Il "sergente di ferro" ha ripristinato quella che lui stesso definisce "mentalità tosta", ingrediente imprescindibile per la sopravvivenza in Serie B. Non ha mai, nemmeno nei momenti più bui, espresso dubbi sulla qualità della rosa a sua disposizione. Al contrario, ha sempre manifestato piena convinzione nel valore dei suoi uomini, lavorando intensamente sull'aspetto psicologico prima ancora che su quello tattico.

La sua metodologia si fonda su un principio semplice ma efficace: ogni giocatore deve sentirsi valorizzato per le proprie caratteristiche naturali, senza essere costretto in schemi che ne soffochino le potenzialità. Questo approccio ha rivitalizzato elementi che sembravano in fase calante, trasformandoli in protagonisti della rinascita biancorossa.

Bianco e il Frosinone: la cura del dettaglio

Diverso, ma ugualmente efficace, l'approccio di Paolo Bianco al Frosinone. Subentrato con la squadra ciociara in penultima posizione e con lo spettro della retrocessione sempre più concreto, Bianco ha portato con sé un bagaglio tecnico-tattico raffinato dalle esperienze con due maestri come De Zerbi e Allegri.

La prima diagnosi di Bianco è stata impietosa ma lucida: "La squadra deve tenere la testa per tutti i 90 minuti". Un'analisi che identifica nel calo di concentrazione, più che nelle carenze tecniche o tattiche, il principale responsabile dei punti persi. Con sole 12 partite a disposizione per compiere il miracolo salvezza, Bianco ha immediatamente indirizzato il lavoro sul rafforzamento mentale.

La sua strategia si è sviluppata attraverso riunioni motivazionali e sessioni dedicate al potenziamento dell'autostima individuale, creando un ambiente sereno ma determinato. Mai una parola di dubbio sul valore intrinseco della rosa "ciociara", definita ripetutamente "di qualità" nonostante le difficoltà evidenti nella prima parte di stagione.

Dal punto di vista tattico, Bianco ha dimostrato una flessibilità rara, oscillando tra il 3-5-2 e il 4-3-3 a seconda delle necessità del match e delle caratteristiche degli avversari. Non è un tecnico ossessionato dal modulo in sé, quanto piuttosto dall'efficacia dell'assetto scelto nel valorizzare le qualità individuali dei suoi uomini.

Il suo mantra è il "lavoro sul dettaglio", un'attenzione maniacale a quei piccoli particolari che possono determinare l'esito di una partita. Ogni fase di gioco viene sezionata e perfezionata in allenamento, con particolare enfasi sulla riduzione degli errori difensivi che erano costati punti preziosi prima del suo arrivo.

Il Frosinone di Bianco ha gradualmente sviluppato un gioco più vario e meno prevedibile, capace di adattarsi alle diverse situazioni di gara. L'obiettivo dichiarato resta quello di garantire un supporto costante agli attaccanti, migliorando la fase offensiva senza compromettere l'equilibrio difensivo.

Due facce della stessa medaglia

Castori e Bianco rappresentano due interpretazioni diverse dell'arte dell'allenatore, ma con sorprendenti punti di convergenza. Entrambi hanno costruito il proprio percorso di risalita partendo da un presupposto fondamentale: la fiducia incondizionata nelle qualità della rosa a disposizione.

Nessuno dei due ha mai ceduto alla tentazione di giustificare le difficoltà attribuendole a presunte carenze dell'organico o adottando atteggiamenti rinunciatari giustificati dalla posizione in classifica. Al contrario, hanno investito energie considerevoli nel valorizzare il potenziale inespresso dei propri giocatori, lavorando principalmente sull'aspetto mentale.

La chiarezza di intenti rappresenta un altro tratto comune. Sia Castori che Bianco hanno definito immediatamente un'identità di gioco precisa: aggressiva e verticale per il primo, attenta al dettaglio e flessibile per il secondo. Questa nitidezza di visione ha permesso ai giocatori di assimilare rapidamente i nuovi principi, accelerando il processo di trasformazione.

Un terzo elemento condiviso è la predilezione per soluzioni tattiche pragmatiche. Entrambi hanno evitato complicazioni teoriche superflue, concentrandosi su accorgimenti concreti che potessero produrre risultati immediati. In un contesto come quello della lotta salvezza, dove il tempo è una risorsa scarsissima, questa capacità di andare all'essenziale si è rivelata decisiva.

Il lavoro sulla mentalità rappresenta forse il contributo più significativo portato dai due tecnici. In situazioni di crisi, la fragilità psicologica può amplificare problemi tecnico-tattici anche modesti. Invertire questa spirale negativa è stata la priorità assoluta tanto per Castori quanto per Bianco, che hanno costruito le rispettive rinascite proprio sul rafforzamento della resilienza mentale dei propri gruppi.

Una lezione per il futuro

La rinascita di SudTirol e Frosinone offre una lezione preziosa per tutte le squadre in difficoltà: la salvezza passa più dalla testa che dai piedi. La qualità di un organico, per quanto importante, può essere valorizzata o mortificata dall'approccio mentale con cui si affronta ogni singola partita.

Castori e Bianco hanno dimostrato che anche in contesti apparentemente compromessi, l'arrivo di un tecnico capace di infondere fiducia e di proporre un'idea di calcio chiara può innescare rivoluzioni impensabili. La loro capacità di vedere potenzialità dove altri vedevano solo limiti ha trasformato due squadre in crisi in gruppi coesi e determinati.

Il contrasto con la Salernitana: quando manca la svolta

Mentre SudTirol e Frosinone vivono la loro rinascita, ben diversa appare la situazione della Salernitana, dove la svolta tanto attesa non si è ancora materializzata. La formazione campana, ancora ancorata al penultimo posto in classifica con soli 4 punti conquistati nelle ultime 5 partite, non è riuscita a invertire la rotta nonostante i cambi in panchina.

Ciò che colpisce, nel confronto con le esperienze di Castori e Bianco, è l'evidente mancanza di quella scintilla psicologica capace di liberare il potenziale della squadra. I granata appaiono ancora timorosi e contratti, imprigionati in un circolo vizioso dove l'insicurezza genera errori che a loro volta alimentano ulteriore sfiducia.

La Salernitana sembra proprio soffrire di quel deficit di mentalità che i tecnici di SudTirol e Frosinone hanno invece saputo curare con efficacia. Mentre le prime due formazioni giocano ora con un'identità chiara e con la consapevolezza dei propri mezzi, i campani continuano a mostrare un atteggiamento prudenziale che compromette anche le qualità tecniche individuali indubbiamente presenti nell'organico.

A Breda, un consiglio semplice ma essenziale: forse è tempo di abbandonare la lavagna tattica per qualche giorno e concentrarsi esclusivamente sul ripristinare quella fiducia e quell'autostima che soli possono liberare il vero potenziale della Salernitana.

Sezione: Primo Piano / Data: Dom 23 marzo 2025 alle 12:00
Autore: Giovanni Santaniello
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