La cessione delle quote societarie da Iervolino al fondo italo-americano Brera Holdings starebbe oramai per materializzarsi e riguarderebbe la totalità della proprietà della Salernitana. Ballerebbe qualche milione di euro tra domanda ed offerta ma sarebbero dettagli rispetto all' accettazione delle condizioni madri richieste dal fondo per addivenire al closing: la rateizzazione su base quadriennale del saldo convenuto e un importante reinvestimento da parte di Iervolino nel fondo stesso. L' ultimo punto induce inevitabili riflessioni perché anche se non si conoscerebbe di preciso l' entità di questo reinvestimento da parte del proprietario uscente, esso parrebbe riguardare una parte ragguardevole del ricavato della cessione del club. Dietro l'operazione ci sarebbe il chiaro intento di Iervolino di uscire totalmente da un mondo del calcio che lo ha ampiamente deluso e ha determinato per lui una iper esposizione mediatica con cassa di risonanza altamente negativa, oltre ad una atavica difficoltà nel comprenderne i meccanismi e nel relazionarsi con le sue varie componenti.
Iervolino arriverebbe quasi a fare una operazione neutra, dirottando investimenti e risorse in un fondo che diversifica i suoi asset con preferenza al mondo dello sport, per sfruttare la visibilità tramite l' organizzazione di eventi mediatici e dal risalto sociale significativo. In pratica il massimo dirigente campano investendo corposamente nella Brera Holdings, che a sua volta avrebbe nella Salernitana il principale asset del proprio portafogli, continuerebbe, per la proprietà transitiva, a restare con un piede e mezzo nella Bersagliera, ma, stavolta, in modo molto più defilato e preservato. Iervolino e la famiglia dimostrerebbero, così agendo, di aver davvero molto sofferto la contestazione di dicembre e le forti critiche successive all' operato della società e di non aver veramente avuto da quel momento in poi altro pensiero che passare la patata bollente in altrui mani.
Mesi di litigi e tensioni tra il presidente e le varie componenti dei mondo del calcio non possono essere banalizzati e fatti passare per fasi transitorie, bensì denuncerebbero il notevole disadattamento del manager di Palma Campania in un ambito che lui stesso ha definito popolato da operatori di mercato troppo autoreferenziali, da procuratori e calciatori squali assetati di sangue e da una stampa che per gran parte spara a zero su di lui e i suoi uomini di fiducia così per il puro gusto di farlo. Questo perché Iervolino parrebbe proprio essersi scottato le mani, ustioni importanti necessitanti cure da distacco, così come, a seguito di una accertata intolleranza a taluni alimenti questi ultimi vengono subito banditi dalla propria dieta. Danilo Iervolino, però, non può dimenticare il rovescio positivo della medaglia, legato al fare calcio in serie A a Salerno e, in particolare, ad una notorietà e visibilità internazionale che lo ha sedotto e lusingato, rappresentando un picco mai da lui neppure sfiorato in anni di onorata e redditizia carriera imprenditoriale in settori importanti dell' economia e della cultura.
Nel calcio il patron non si è divertito perché forse non può essere protagonista come e quando vorrebbe, potendo innovare e trascinare gli altri secondo i propri desiderata. Il pianeta calcistico professionistico è più tradizionale e reticente agli input di rinnovamento di quanto il proprietario dei granata potesse immaginare, così come i cambiamenti radicali a livello di infrastrutture e asset societari sono risultati ben più complessi e necessitanti di tempi di attivazione assai più dilatati del preventivato a tavolino. Nessun presidente prima di lui aveva chiesto e trovato tappeti rossi e chissà quali corsie preferenziali per immettere capitali nel calcio a Salerno, eppure tutti hanno provato a restare in sella il più possibile cercando risorse e soluzioni e tenendoci al loro ruolo di responsabilità sociale. La situazione cessione ad oggi, dispiace dirlo, sa tanto di ritirata strategica, per non dire di fuga sottocoperta.
Per carità sarebbe legittimo decidere di defilarsi perché dirigere la navicella granata non è né mai potrà essere una prescrizione medica, ma così forzando la mano non se ne esce di lusso, anzi resta un amaro in bocca considerevole nel popolo del cavalluccio marino. In ogni caso presto sapremo ufficialmente se e come questa assai probabile cessione del club sarà avvenuta e a quali condizioni effettive, così potendo trarre le somme e avere un' idea di futuro per la Bersagliera. La sensazione è che la migliore sintesi per contemperare le diverse posizioni delle due parti causa potrebbe essere la permanenza di Maurizio Milan ai vertici della Salernitana targata Brera, magari proprio occupando questi la massima poltrona dirigenziale disponibile. E la programmazione sportiva? Sospendiamo il giudizio per non dover essere oggi troppo duri e pessimisti.
Attendiamo le prime mosse della probabile nuova (vecchia?) governance del club di via Allende, ad iniziare dal direttore sportivo e dall' allenatore perché ingaggiare oggi Petrachi in luogo di Maiorino o Romairone farebbe, pur con il rispetto dei professionisti citati, tutta la differenza del mondo. Allo stato trapelerebbero notizie poco confortanti che preferiremmo verificare alla prova dei fatti, ovvero la presunta richiesta del fondo italo-americano di cedere presto i big e coloro che hanno mercato per fare cassa, ripianare e affrontare le spese per i nuovi innesti. Da Iervolino a Brera una parola resterebbe inalterata: auto sostenibilità per la Bersagliera, un mantra anche per la nuova (vecchia?) proprietà della Salernitana.
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