L'ex difensore della Salernitana Roberto Cardinale, cresciuto nelle giovanili granata, in cui era approdato a 15 anni, è il protagonista del decimo episodio di 'Vianema' podcast ufficiale della società granata: "Riavvolgendo il nastro, lasciare la famiglia è stato un sacrificio, ma lo era molto di più per alcuni miei compagni che venivano dal Brasile e dall'Africa come Fred Dos Santos, Senè o Zoro. Si sentiva spesso parlare di saudade, io per fortuna non l'ho sentita perchè mi sono sentito subito a casa a Salerno, poi Sant'Anastasia non era molto lontana. Io mi sono integrato subito con la città e con i compagni. Ho fatto le scuole a Torrione e mi sono formato. Ho costruito qui la mia famiglia, mia moglie è di Salerno e ora viviamo nel Cilento dove abbiamo aperto un'attività, la Dimora dei Cardinali, segno di un attaccamento a questa terra da parte mia e di tutta la famiglia. Sono comunque ancora nel mondo del calcio, aiuto la scuola calcio di Salvatore Fresi".
Che sogni aveva il giovane Cardinale?
"Il mio obiettivo era di migliorarmi, non avevo grosse pretese dal punto di vista calcistico, solo di crescere e raggiungere livelli superiori. Attraverso quel sacrificio sono arrivato prima alla maturazione rispetto all'età che avevo. Questo ha giovato tanto per me. A questo bisogna aggiungere un equilibrio familiare, che è fondamentale. Oggi lo è ancora di più perchè ci sono tante distrazioni e invito le famiglie a stare vicino ai ragazzi".
Il ricordo sull'esordio con la Salernitana.
"Ho tanti ricordi belli, annate difficili, annate partite bene e poi difficoltose durante il percorso ma fa parte del gioco. Non mi è mai capitato iniziare a gonfie vele e finirla meglio ancora. La parola chiave per uno sportivo è l'equilibrio, trovarlo con se stesso può essere la chiave per superare pressioni come quelle della piazza di Salerno. Quando le cose vanno in un certo modo però non c'è piazza migliorare che possa osannare un calciatore. L'equilibrio però è fondamentale soprattutto oggi. Isolarsi è la cosa migliore, non farsi condizionare dai messaggi, positivi o negativi. Io mi coltivavo delle passioni, una volta staccato con l'allenamento o la partita cercavo di ricaricarmi per poi ripartire. Ricevere ancora oggi attestati di stima dalla piazza di Salerno mi riempie di orgoglio, significa che la gente ha capito che dietro l'atleta c'era una persona di valore, di principi e serietà".
Qual è stata la guida o il faro nell'esperienza salernitana?
"Devo tanto a Luca Fusco, era ed è un grande. Ragazzo umilissimo, generoso e sempre a disposizione di tutti. Ricordo un aneddoto: avevo 17 anni, Luca mi accompagnava e mi veniva a prendere da scuola perchè mi allenavo già con la prima squadra. Quando c'era la doppia e capitava il mercoledì che avevo un compito nelle ultime due ore mi riaccompagnava a scuola per non farmele perdere. L'allenatore era Cagni che ci convocava il giovedì mattina al campo per vedere come stavamo dal punto di vista fisico per la partita del pomeriggio. Luca mi accompagnava anche il giovedì, non si è mai rifiutato anche nei confronti di altri ragazzi. Anche oggi quando ci vediamo e sentiamo c'è un affetto e una stima importante. Dietro al professionista e allo sportivo deve esserci sempre una grande persona. Non è mai sceso in campo sano, sempre con antidolorifici o antinfiammatori, tutto incerottato. Non mollava mai, non si è mai tirato indietro anche in allenamento. Oggi al primo mal di gola non vengono all'allenamento. Ho preso esempio da lui e anche io ho portato avanti la mia carriera in questo modo".
La carriera ti ha dato meno di quello che avresti meritato?
"Con i ma e con i se non si ottiene niente. Ognuno raccoglie ciò che merita. Tutto si compensa. Vale anche per una squadra, capita che perdi una partita che non meritavi di perdere e poi la domenica successiva succede il contrario. Non mi sono illuso quando ho raggiunto l'under 21 e ho esordito in A ma non mi sono neanche mai posto limiti. Oggi forse è più facile farsi spazio. Quando io mi affacciavo in prima squadra, il più giovane aveva già cinque anni più di me ed era gente navigata. Era l'annata 1999/2000, c'erano Lorieri, Firicano. Ti metteva suggestione già solo a guardarli. Quello era il mio percorso, potevo fare di più, ho avuto qualche infortunio che mi ha fermato ma va bene così".
Cosa rappresenta la Salernitana per te?
"Essere cresciuto, essermi formato con questa maglia, che mi ha dato la possibilità di farmi una carriera ha già un significato enorme. Della Salernitana parlano anche i muri. Sono molto grato a questa città e a questa maglia, la sosterrò perchè mi ha dato la possibilità di esprimermi. Quando vengono tifosi nella mia struttura e chiedono foto e autografi significa che qualcosa hai lasciato, per me questo vale molto di più".
In una piazza come Salerno è più facile lottare per vincere o per evitare una retrocessione?
"Se si può evitare questa situazione forse è meglio. Attualmente va così e bisogna lottare, il pallone inizia a scottare e quando sei obbligato a vincere diventa doppiamente difficile, anche quando sei in alto a lottare per altri obiettivi. Lottare fino ala fine è una prerogativa che non deve mai mancare. L'unica medicina è quello di lavorare seriamente".
C'è qualche aneddoto sulla stagione di Serie A del 1998/1999, quando Breda era il capitano?
"Roberto era un altro ragazzo esemplare. Da ammirare anche lui. Viene naturale prendere esempio da loro. Dal punto di vista calcistico era esemplare, un cambio gioco formidabile, una muscolatura impressionante. Si vedeva anche in allenamento che era un leader, un capitano che trascinava i compagni. Mi auguro che possa riuscire nell'impresa perchè se lo merita lui come tutta la città di Salerno".
La top 11 della storia della Salernitana per Cardinale?
"Il modulo è il 4-3-3, quello che ha fatto brillare di più gli occhi alla gente di Salerno con Delio Rossi e Zeman. In porta ne metto due, Pinna e Botticella, titolari tutti e due. Pinna era un pazzo scatenato. Coppia di centrali, tolto Cardinale metto Fusco e Fresi. Totò mi chiamava in disparte e mi diceva che quando sarei diventato grande mi avrebbe fatto da procuratore. Ora ci troviamo insieme alla scuola calcio per cercare di migliorare i ragazzini. A sinistra metto Milanese, giocatore arrivato a fine carriera ma con un passato importante, la sua presenza in campo si sentiva. C'è anche Sasà Russo, altro ragazzo da ammirare che metto a destra. A centrocampo metterei Roberto Breda come mediano, mi è rimasto poi impresso Camorani per la sua facilità di corsa, la sua forza e la capacità di progressione. L'altra mezzala è Giacomo Tedesco, che pure mi ha sempre impressionato per la qualità e la spensieratezza che metteva in allenamento e in campo. Quasi neanche si stancava, poteva fare una carriera decisamente diversa, era anche uomo spogliatoio. In questa formazione poi ci vedo bene Babù, uno che faceva i buchi per terra. Davanti Di Vaio o Di Napoli e poi sull'altra fascia De Cesare, che aveva una forza fisica importante. Riusciva a trasmettere il senso d'appartenenza anche ai compagni".
La dedica finale alla Salernitana.
"A Salerno c'è una grande pressione positiva. Non tutti i calciatori hanno la capacità di sopportare questa pressione, positiva o negativa. L'atleta deve essere bravo a trovare un equilibrio. È comunque una cosa bellissima quando la gente osanna così tanto la squadra e i propri calciatori. Quante volte è capitato che è stato lo stadio a vincere la partita, essere trascinati da quella meravigliosa curva, è il dodicesimo uomo in campo. È il giocatore che poi deve adattarsi trovando un equilibrio con se stesso. Alla nostra magica Salernitana un augurio di una imminente serie di risultati positivi".
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